La fusione spinale
La fusione spinale è l’intervento chirurgico finalizzato alla correzione della scoliosi di grado severo.
Nello specifico si trattano chirurgicamente le scoliosi strutturate evolutive, che:
- tendono alla progressione;
- non rispondono alle terapie conservative;
- superano i 40° Cobb.
Le scoliosi lievi (fino ai 20°) e le scoliosi moderate (tra i 30° e i 40°) possono essere trattate, infatti, con la sola osservazione o attraverso la correzione con busti.
Se la curvatura non presenta un’evoluzione, quindi possiamo parlare di paramorfismo e generalmente si fa ricorso ad esercizi di rinforzo della muscolatura a supporto della colonna vertebrale.
Indicazioni terapeutiche
L’intervento di fusione vertebrale viene preso in considerazione in quelle curve che superano i 40° Cobb e che mostrano una progressione continua, dolore o problematiche di carattere respiratorio.
Trova indicazione anche nei casi di:
- vertebre fratturate;
- instabilità vertebrale;
- spondilolistesi;
- ernia del disco.
L’intervento in questione può essere indicato anche nei casi di ipercifosi gravi che superano i 70°: va specificato, comunque, che questa condizione è relativamente rara, potendo ricorrere con successo a terapie conservative di correzione.
Risultati attesi
La fusione spinale generalmente risolve il dolore causato dalla scoliosi; tuttavia, nel post-operatorio, questo sarà presente ma ben controllato dalla terapia antidolorifica prescritta.
La motivazione risiede sia nelle manovre necessarie che il chirurgo deve svolgere per poter raddrizzare la colonna, sia nei muscoli implicati nella mobilizzazione.
Il dolore, ad ogni modo, varia da paziente a paziente, risultando alcune volte intenso nei primi giorni dopo l’intervento ma ben controllato e in netta diminuzione progressivamente.
Dopo alcune settimane sarà anche possibile riprendere la propria routine, con le dovute precauzioni.
Va sottolineato un aspetto, a parer mio molto importante: la fusione spinale raddrizza la colonna vertebrale, ma è possibile che residuino delle lievi curvature, che non sono tuttavia paragonabili alla condizione pre-operatoria.
Questo aspetto è fortemente legato alla flessibilità del rachide prima dell’intervento: in linea di massima, le curve importanti possono essere recuperate fino ai 15/20 gradi, nei casi più gravi sono assolutamente accettabili anche curve residue fino a 30°.
L’intervento chirurgico di fusione spinale
La fusione vertebrale viene effettuata con l’applicazione di barre e viti tra le quali vengono inseriti dei frammenti di osso, per favorire la fusione tra le vertebre; la chirurgia moderna utilizza tecniche percutanee .
I frammenti di osso tradizionalmente vengono prelevati dalla cresta iliaca del paziente (autotrapianto) o da donatore (allotrapianto): negli ultimi anni sono stati sviluppati, inoltre, dei materiali artificiali che si comportano in maniera del tutto simile all’osso del corpo umano, utilizzabili per evitare la doppia incisione nel paziente.
In questo trattamento si innesca un processo simile alla guarigione a seguito di una frattura: le vertebre tenderanno a saldarsi tra loro, diventando più forti, stabili e meno soggette a torsione.
Per consentire il processo si fa ricorso a delle barre che vengono fissate lateralmente alle vertebre, che manterranno la colonna in posizione ed eviteranno la fusione in una posizione anomala.
A questo proposito, il chirurgo riallinea la schiena fino al limite consentito dalla curva già presente, rendendola più dritta ed eliminando la curvatura, generalmente molto sgradevole per il paziente.
La chirurgia spinale, soprattutto in questi ultimi anni, può vantare notevoli evoluzioni nelle tecniche che la rendono sempre meno invasiva, soprattutto per quanto riguarda l’accanimento alle strutture paraspinali.
Gestione dei rischi
L’intervento di fusione spinale è, al giorno d’oggi, considerato assolutamente sicuro.
Ad ogni modo, come ogni intervento chirurgico, non è scevro da complicanze.
Tra queste si annoverano:
- infezioni;
- emorragie;
- sanguinamento delle ferite d’accesso;
- possibili lesioni ai nervi spinali;
- possibili lesioni ai vasi sanguigni;
- persistenza del dolore dato dalla scoliosi anche dopo l’operazione (anche se in misura minore).
L’intervento di correzione della scoliosi è, dunque, un procedimento delicato, che richiede uno studio attento della condizione del paziente, in ogni suo aspetto.
Anche il paziente, ad ogni modo, deve essere ben consapevole di ciò che lo affligge e di come può essere trattato.
Vi invito per questo motivo a leggere le domande ricorrenti dei pazienti sulla chirurgia per la scoliosi, per poter dare un quadro ancora più completo su questa procedura:
Fusione spinale mininvasiva
Gli stessi interventi di fusione spinale, al giorno d’oggi, possono essere effettuati con incisioni più piccole e con un impatto minore nei confronti del paziente.
Le tecniche mini-invasive, infatti, riescono ad ottenere risultati paragonabili, e in alcuni casi superiori, alla fusione spinale con tecnica tradizionale, con numerosi altri vantaggi, quali:
- durata dell’intervento ridotta (da 6/8 ore a 3/4 ore);
- minor perdita di sangue durante l’operazione;
- degenza ospedaliera inferiore;
- dolore ridotto nel post-operatorio;
- tempi di recupero ridotti.
Il recupero post-operatorio
L’obiettivo dell’intervento di fusione spinale è quello di impedire l’aggravarsi della curva, soprattutto nella fase di accrescimento.
Dopo l’intervento i pazienti riferiscono rigidità della colonna, fenomeno del tutto normale visto che le vertebre vengono fuse tra loro.
Ad un anno dall’intervento, ad ogni modo, la sensazione di rigidità è molto minore, permettendo al paziente di praticare sport e di acquisire una mobilità tale da poter svolgere con serenità le attività giornaliere.