La retrolistesi è una forma di spondilolistesi meno comune, in cui una vertebra scivola all’indietro rispetto a quella che si trova immediatamente sotto.
La retrolistesi

Si parla di anterolistesi quando la vertebra scorre in avanti: abbiamo trattato nello specifico la condizione in questo articolo.
Nonostante la retrolistesi sia meno frequente, non va comunque sottovalutata: ad ogni modo, nella maggior parte dei casi è risolvibile con l’esecuzione di adeguati esercizi e riposo.
Tuttavia una retrolistesi non trattata adeguatamente può degenerare in discopatia degenerativa , richiedendo nei casi più gravi la chirurgia.
Le cause

Come per tutte le spondilolistesi, la principale causa di retrolistesi è la disidratazione dei dischi intervertebrali, che si verifica con il normale processo di invecchiamento.
Altre possibili cause sono:
- artrosi;
- difetti congeniti;
- fratture ai danni della colonna vertebrale;
- osteoporosi;
- lisi istmica;
- debolezza della muscolatura a supporto della colonna vertebrale.
Anche la sedentarietà e la pratica di sport a rischio di lesione della colonna (come il sollevamento dei pesi), possono causare una retrolistesi.
Generalmente le vertebre più interessate sono quelle della regione cervicale e della regione lombare, nello specifico “retrolistesi di l5 su s1” e “retrolistesi di l4 su l5“, meno quelle della zona dorsale.
I sintomi
La sintomatologia è differente in base alla sede della retrolistesi.
I sintomi della retrolistesi cervicale
Quando interessa la zona cervicale, si manifesterà con:
- dolore localizzato all’altezza della vertebra;
- intorpidimento a collo, spalle e braccia;
- difficoltà nella manualità fine.
I sintomi della retrolistesi lombare
Se il tratto d’interesse, invece, è quello lombare, si presenterà:
- dolore all’altezza dei fianchi che si irradia alle gambe (sciatalgia);
- l’assunzione di un atteggiamento antalgico (gibbo), per evitare il dolore;
- difficoltà nella deambulazione e intorpidimento delle gambe.
Anche se le forme lievi possono essere totalmente asintomatiche, generalmente il dolore molto forte è il sintomo più riscontrato: questo può portare il paziente ad evitare il movimento, con un conseguente aumento del peso corporeo.
La diagnosi

La diagnosi di retrolistesi richiede in primo luogo l’esame clinico del paziente, in cui viene valutata l’intensità del dolore ed eventuali problemi neurologici.
Vengono richiesti, inoltre, test di imaging per la conferma, come:
- immagini radiografiche;
- TAC;
- risonanza magnetica.
I test di imaging permetteranno infine di identificare il grado di retrolistesi, in base a quanto risulta fuori asse la vertebra.
A tal proposito, come nelle anterolistesi, risulta imperativo il ruolo delle radiografie nelle posizioni dinamiche: massima flessione e massima estensione
L’identificazione del grado di retrolistesi, dunque, permette di comprendere con chiarezza il trattamento più adeguato.
Il trattamento della retrolistesi
Il trattamento della retrolistesi varia in base al grado di spostamento e della sintomatologia associata.
Retrolistesi lieve
Nelle prime fasi meno gravi, associate a sintomi lievi, il trattamento prevede riposo e l’assunzione di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) fino all’eliminazione del dolore: una volta superata la fase acuta, si procederà con un programma di esercizi mirati a rinforzare la muscolatura di supporto della colonna vertebrale.
Gli esercizi per la retrolistesi

Gli esercizi per il trattamento della retrolistesi possono essere svolti solo una volta terminata la fase acuta del dolore e dell’infiammazione.
Sono molto importanti in quanto una muscolatura della schiena forte può ridurre l’insorgenza del dolore in futuro, rendendo il paziente più autonomo e senza dover necessariamente ricorrere alla chirurgia.
Vanno evitati gli esercizi che accentuano la lordosi lombare (soprattutto nei casi di retrolistesi lombare) e che prevedono sollecitazioni della colonna vertebrale (come squat, sollevamento pesi e torsioni del busto).
Retrolistesi degenerativa
Nelle forme associate ad una sintomatologia più grave, vi è un coinvolgimento generalmente anche di nervi e delle radici spinali causando instabilità della colonna vertebrale: considerando che questa condizione può anche portare a paralisi, si può far ricorso alla chirurgia spinale.
Intervento chirurgico
L’intervento chirurgico per la retrolistesi si rende necessario solo nei casi gravi che causano instabilità della colonna, riservato, dunque, a un numero ristretto di pazienti.
In particolare devono sussistere le seguenti condizioni:
- dolore persistente e ingravescente;
- deficit neurologici gravi.
Gli interventi chirurgici disponibili, sempre associati, sono:
- la laminectomia decompressiva;
- la fusione vertebrale.
Laminectomia decompressiva

L’obiettivo della laminectomia decompressiva è, appunto, la decompressione delle radici e dei nervi spinali.
Utilizzato anche nei casi di stenosi grave del canale vertebrale, si procede con l’incisione delle lamine e successiva asportazione di queste: può essere effettuato sia con tecnica tradizionale (“a cielo aperto)”, sia con tecnica mini-invasiva e viene, nel caso delle retrolistesi, eseguita in associazione alla fusione spinale.
La laminectomia decompressiva con tecnica mini-invasiva viene attualmente svolto in pochi centri in Italia e sta acquisendo sempre più notorietà, visti i vantaggi che questa metodologia si porta dietro, ovvero:
- minore accanimento nei confronti delle strutture paraspinali;
- tempi di recupero ridotti;
- dolore post-operatorio ridotto.
Fusione spinale

La fusione spinale viene effettuata nel rispetto della muscolatura adiacente, effettuando dei piccoli fori per l’accesso chirurgico per unire la vertebra interessata da retrolistesi con quella immediatamente sotto nelle loro parti laterali.
Il disco intervertebrale compreso tra la vertebra interessata da retrolistesi e quella direttamente sotto spesso viene rimosso e sostituito con un gabbia in titanio riempita di osso.
L’utilizzo di barre e viti percutanee, infine, permette la stabilizzazione della zona e migliora il successivo processo di fusione.
Anche in questo caso è possibile effettuare l’intervento con tecnica mini-invasiva: lo svantaggio è che pochi centri in Italia la utilizzano, in quanto richiede esperienza e grande manualità del chirurgo.